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lunedì 14 febbraio 2022

ESTRATTO DAL LIBRO A PIEDI NUDI NEI TINI...RACCONTO NAVIGLI

 Per voi 2 estratti dal racconto "Navigli" che narra l' "emigrazione" di mia mamma da Mezzana verso Milano, quando era bambina, mentre a Mezzana arrivava la cuginetta Carmen (figlia di Tea, sorella di mio nonno Giovanni). 


Navigli

Era una bambina nata nell'immediato secondo dopoguerra, in quel paese dalle strade erte e dagli inverni infiniti. La sua era una migrazione, per così dire, stagionale, bastava infatti che arrivasse l'estate e con la zia partiva per la grande città, Milano. La zia, o lo zio, arrivavano con la corriera portando con loro la figlioletta Carmen, di poco più grande della bambina, che sarebbe restata a Mezzana per i mesi estivi. Così, mentre Carmen arrivava, lei che a Milano viveva, che di Milano sapeva da altri del caldo torrido, visto che lei si beava del fresco della montagna, Adriana montava sulla corriera, diceva arrivederci alle montagne e giungeva a casa degli zii a Milano, dove a giugno già il caldo si faceva insopportabile.

Questo scambio era iniziato presto, più o meno quando Adriana aveva sui 5 anni e continuò per diverso tempo, fin quando divenne un'adolescente. Comunque, a Milano a parte il caldo non si stava male, dopo che uno ci aveva fatto l'abitudine. Difatti, nessuno l'aveva avvertita che la zia Tea, diminutivo di Dorotea, con il marito e gli altri due figli viveva in via Fusinato, non vicino ma proprio attaccati ai binari del treno.

Quando la bambina arrivò a Milano la prima estate, la zia la sistemò nella cameretta che avrebbe usato per i mesi che sarebbe stata con loro. Di lì a poco un rumore assordante fece tremare tutto quanto, dal lampadario alla credenza e guardando fuori la bambina capì che era il treno. Il treno che passava a tutte le ore, di notte e di giorno, e sempre faceva vibrare tutta la casa, sempre nello stesso identico modo, sempre con lo stesso identico fracasso. Di più: sporgendosi appena dalla finestra, che per sicurezza aveva delle inferriate, si riusciva a toccarlo, il treno.

Roba da matti, pensò la bambina quella prima volta, un treno che quasi ti entra in casa. Un treno che puoi toccare semplicemente allungando una mano, un treno dove, forse, i passeggeri e il capotreno potevano vedere cosa capitava nella casa.

Ci volle del tempo per abituarsi a quel rumore, specialmente di notte. Su, al paese, non si sentiva nulla del genere, né di giorno né di notte. Di notte men che meno, quando tutto era silenzio e al massimo si udiva il verso di qualche volpe nei prati vicino casa. Per questo ci mise un bel po' per abituarsi al treno, e ogni estate quando tornava, finché gli zii restarono in via Fusinato, doveva riabituarsi nuovamente.


CONTINUA...E UN 'ALTRA PARTE DEL RACCONTO..

Eppure...eppure anche in quei mesi pensava ai suoi monti, alla sua casa, e a cosa la cuginetta Carmen stesse facendo in quei momenti. Al paese non c'era il caldo torrido di Milano e la sera bisognava mettersi una maglia per non prender freddo. Chissà, si domandava Adriana, se anche agli zii manca il paese. Chissà se gli manca, se ci pensano ogni tanto, se vorrebbero tornare, se provano nostalgia.

A lei mancava molto in quei mesi in cui era lontana. Mancava anche se non c'erano i pomodori né le banane, anche se non si organizzavano mercati, anche se non c'erano i monumenti che invece si vedevano a Milano. Il paese le mancava anche se non aveva il Naviglio. Le sarebbe mancato anche se fosse stato il paese più povero o il più derelitto del mondo. Mancavano le vie, le piazze, la chiesa dei santi Pietro e Paolo, le rogge che correvano per le strade, le mucche portate alla malga che sarebbero tornate a valle solo a settembre, la sua gente, casa sua, e i profumi, gli odori, i sapori che conosceva da sempre. Suo padre e sua madre. Ogni filo d'erba le era familiare. Su ogni pietra del borgo aveva posato i piedi. Era il paese. Il suo paese. La sua casa. Lì stava il suo cuore, sempre.

Era sicura che anche gli zii provassero gli stessi sentimenti. Certo stavano bene a Milano, ma durante l'anno, appena potevano, cercavano di tornare qualche giorno al paese che li aveva visti partire. Perfino Carmen, che a Milano ci stava tutto l'anno, non vedeva l'ora di essere al paese per l'estate, come se sentisse che proveniva da lì, che era da lì che veniva, che un po' Mezzana era anche casa sua. Per questo non voleva mai partire, quando arrivava settembre e Adriana tornava al paese tutta contenta. Le sue radici l'avrebbero tenuta lì, stringevano per non lasciarla andare, anche se alla fine, Carmen ripartiva sempre con gli zii. Ma anche da grande, per tutta la sua vita, a Mezzana tornò sempre e sempre ebbe il paese dei genitori nel cuore.


Continua sul libro "A piedi nudi nei tini e altri racconti della Valpantena e della Val di Sole", copie disponibili richiedendomele, online o ordinandolo in libreria  con nome autore, titolo e editore (Youcanprint). 


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