Per voi 2 estratti dal racconto "Navigli" che narra l' "emigrazione" di mia mamma da Mezzana verso Milano, quando era bambina, mentre a Mezzana arrivava la cuginetta Carmen (figlia di Tea, sorella di mio nonno Giovanni).
Navigli
Era
una bambina nata nell'immediato secondo dopoguerra, in quel paese
dalle strade erte e dagli inverni infiniti. La sua era una
migrazione, per così dire, stagionale, bastava infatti che arrivasse
l'estate e con la zia partiva per la grande città, Milano. La zia, o
lo zio, arrivavano con la corriera portando con loro la figlioletta
Carmen, di poco più grande della bambina, che sarebbe restata a
Mezzana per i mesi estivi. Così,
mentre Carmen arrivava, lei che a Milano viveva, che di Milano sapeva
da altri del caldo torrido, visto che lei si beava del fresco della
montagna, Adriana montava sulla corriera, diceva arrivederci alle
montagne e giungeva a casa degli zii a Milano, dove a giugno già il
caldo si faceva insopportabile.
Questo
scambio era iniziato presto, più o meno quando Adriana aveva sui 5
anni e continuò per diverso tempo, fin quando divenne
un'adolescente. Comunque, a Milano a parte il caldo non si stava
male, dopo che uno ci aveva fatto l'abitudine. Difatti, nessuno
l'aveva avvertita che la zia Tea, diminutivo di Dorotea, con il
marito e gli altri due figli viveva in via Fusinato, non vicino ma
proprio attaccati ai binari del treno.
Quando
la bambina arrivò a Milano la prima estate, la zia la sistemò nella
cameretta che avrebbe usato per i mesi che sarebbe stata con loro. Di
lì a poco un rumore assordante fece tremare tutto quanto, dal
lampadario alla credenza e guardando fuori la bambina capì che era
il treno. Il treno che passava a tutte le ore, di notte e di giorno,
e sempre faceva vibrare tutta la casa, sempre nello stesso identico
modo, sempre con lo stesso identico fracasso. Di più: sporgendosi
appena dalla finestra, che per sicurezza aveva delle inferriate, si
riusciva a toccarlo, il treno.
Roba
da matti, pensò la bambina quella prima volta, un treno che quasi ti
entra in casa. Un treno che puoi toccare semplicemente allungando
una mano, un treno dove, forse, i passeggeri e il capotreno potevano
vedere cosa capitava nella casa.
Ci
volle del tempo per abituarsi a quel rumore, specialmente di notte.
Su, al paese, non si sentiva nulla del genere, né di giorno né di
notte. Di notte men che meno, quando tutto era silenzio e al massimo
si udiva il verso di qualche volpe nei prati vicino casa. Per questo
ci mise un bel po' per abituarsi al treno, e ogni estate quando
tornava, finché gli zii restarono in via Fusinato, doveva
riabituarsi nuovamente.
CONTINUA...E UN 'ALTRA PARTE DEL RACCONTO..
Eppure...eppure
anche in quei mesi pensava ai suoi monti, alla sua casa, e a cosa la
cuginetta Carmen stesse facendo in quei momenti. Al paese non c'era
il caldo torrido di Milano e la sera bisognava mettersi una maglia
per non prender freddo. Chissà, si domandava Adriana, se anche agli
zii manca il paese. Chissà se gli manca, se ci pensano ogni tanto,
se vorrebbero tornare, se provano nostalgia.
A
lei mancava molto in quei mesi in cui era lontana. Mancava anche se
non c'erano i pomodori né le banane, anche se non si organizzavano
mercati, anche se non c'erano i monumenti che invece si vedevano a
Milano. Il paese le mancava anche se non aveva il Naviglio. Le
sarebbe mancato anche se fosse stato il paese più povero o il più
derelitto del mondo. Mancavano le vie, le piazze, la chiesa dei santi
Pietro e Paolo, le rogge che correvano per le strade, le mucche
portate alla malga che sarebbero tornate a valle solo a settembre, la
sua gente, casa sua, e i profumi, gli odori, i sapori che conosceva
da sempre. Suo padre e sua madre. Ogni filo d'erba le era familiare.
Su ogni pietra del borgo aveva posato i piedi. Era il paese. Il suo
paese. La sua casa. Lì stava il suo cuore, sempre.
Era
sicura che anche gli zii provassero gli stessi sentimenti. Certo
stavano bene a Milano, ma durante l'anno, appena potevano, cercavano
di tornare qualche giorno al paese che li aveva visti partire.
Perfino Carmen, che a Milano ci stava tutto l'anno, non vedeva l'ora
di essere al paese per l'estate, come se sentisse che proveniva da
lì, che era da lì che veniva, che un po' Mezzana era anche casa
sua. Per questo non voleva mai partire, quando arrivava settembre e
Adriana tornava al paese tutta contenta. Le sue radici l'avrebbero
tenuta lì, stringevano per non lasciarla andare, anche se alla fine,
Carmen ripartiva sempre con gli zii. Ma anche da grande, per tutta la
sua vita, a Mezzana tornò sempre e sempre ebbe il paese dei genitori
nel cuore.
Continua sul libro "A piedi nudi nei tini e altri racconti della Valpantena e della Val di Sole", copie disponibili richiedendomele, online o ordinandolo in libreria con nome autore, titolo e editore (Youcanprint).