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martedì 7 gennaio 2025

COME INIZIA SOFIA E LA CAPSULA DEL TEMPO

 Ecco come inizia il mio libro "Sofia e la capsula del tempo". Buona lettura!


La capsula del tempo stava in piazza. Stava lì da un po', un progetto che era stato pensato da un’associazione perché si potesse documentare la vita, anche quotidiana, della gente che viveva nel mondo negli anni Venti del Duemila.

A Sofia faceva un po' strano quel “gli anni Venti del Duemila” e in verità faceva anche un po' vecchiotto, nel senso che a lei pareva di avere un sacco di anni anche se ne aveva poco più di quaranta, perché lei il Duemila l’aveva visto arrivare, aveva vissuto anche nel Novecento, Dio mio! Chissà come si chiamava la sua generazione, visto che oramai mettevano i nomi a tutte le generazioni. Non se lo ricordava mai e le pareva francamente un’assurdità.

Comunque la capsula non era l’unica, ce n’erano un po' ovunque nei paesi, nelle città in Italia e si parlava di piazzarle anche in altri Paesi del mondo.

Sofia piantava alberi per lavoro, non aveva uno smartphone ma un semplice telefonino come quelli di un tempo, che usava solo per chiamare e ricevere messaggi, non usava applicazioni, nemmeno WhatsApp e cominciava a pensarci su anche sui social.

Non aveva tv a pagamento, né intendeva averla mai, visto che le pareva che l’assenza di programmi decenti fosse tutto un complotto proprio per far passare la gente alla tv a pagamento per forza.

Era single, lavorava con le piante, non le piaceva il casino, per tantissimi aspetti era tutto l’opposto di come “doveva” essere una persona degli anni Venti del Duemila.

Tutti potevano partecipare al riempimento della capsula, che era aperta notte e giorno. Bastava arrivare davanti alla stessa, cliccare un bottone e infilarci un biglietto con scritto cosa aveva caratterizzato quel giorno, così che le future generazioni-sempre se ce ne fossero state ancora, visto il clima che pareva impazzito e che prima o poi avrebbe steso tutti- potessero comprendere come viveva la gente “un tempo”.

Non era molto che la capsula era stata piazzata, una sorta di cilindro cavo, che finiva in un serbatoio sotto terra e che quando fosse stata riempita sarebbe stata chiusa, per aprirla circa 100 anni dopo, le pareva.

Anche se non era molto, qualcuno aveva già iniziato a vomitare dentro la capsula biglietti, chissà mai con scritto che. Sofia inizialmente credeva che ciò che scrivevano le altre persone non si potesse vedere, invece dopo un tot di messaggi buttati dentro, grazie a un piccolo computerino, si potevano leggere a video appunto i messaggi degli altri.

C’era un’unica regola: non firmare i biglietti.

All’inizio questa storia dei biglietti e della capsula a Sofia non era importata molto. Però, notte dopo notte, le venne il desiderio di scrivere pure lei qualcosa per chi sarebbe venuto dopo (forse, se il Pianeta fosse esistito ancora).

Dunque, rigirandosi nel letto, si domandava cosa scrivere, ma non le veniva in mente nulla. Nulla che valesse la pena di essere ricordato, nulla di nulla.

Così, una notte, decise che avrebbe scritto qualcosa di bello capitato durante il giorno o visto, o sentito. Sarebbe stato facile. Con questo pensiero si addormentò.


Vi è piaciuto? Vorreste leggere il resto?

Potete richiedere il libro a me a Mezzana (Val di Sole, Trento) in via 4 novembre 21, a larazavatteri@gmail.com, su Facebook oppure lo trovate online su siti come Ibs, La Feltrinelli, Mondadori Store, Amazon, o lo potete ordinare in libreria con nome autore, titolo e editore (Youcanprint). Grazie!



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