Un estratto dal mio libro A piedi nudi nei tini e altri racconti della Valpantena e della Val di Sole, qui si parla del paesino di Roncio, frazione di Mezzana. Anche questo libro partecipa al Progetto A.L.G.E. (leggete i post sotto) e lo trovate da acquistare anche al Punto di lettura di Mezzana o richiedendolo a me a Mezzana in via 4 novembre 21, Facebook o larazavatteri@gmail.com. Leggete qui sotto:
Ricordo una volta in cui, insieme ad un'amica-andavamo forse alle medie-decidemmo di salire fino a Roncio. Una volta lì, pensavamo che la chiesetta fosse aperta, invece provammo a spingere la porta, a far scivolare verso il basso la maniglia, ma nulla. La chiesa era chiusa. Non passarono forse nemmeno cinque minuti che capitò lì una donnina, con un mazzo di chiavi, dicendoci se ci interessava vedere la chiesa.
Era l'Aldina, custode della chiesa, che prima, mi pare, ci chiese “di chi eravamo” (cioè chi erano i nostri genitori) e poi fu ben contenta di aprire la chiesa e farcela visitare, spiegandoci qua e là cose che non sapevamo. Fu un pomeriggio bellissimo grazie anche all'entusiasmo dell'Aldina che probabilmente non vedeva l'ora di aprire la chiesa per farla vedere a qualcuno.
A Moresana abitavano anche Salvin e sua moglie, che solo in ultima decisero di trasferirsi a Roncio. Moresana, Mezol, Daial, Farini erano posti che pullulavano di vita, di gente, di orti, di stalle, di attività. Posti poi abbandonati, solo Roncio ha una sua piccola popolazione e, in questi anni, anche persone che hanno deciso di andarci a vivere. Così il paese un poco è ancora vivo, anche se non c'è nessuna comodità, non ci sono negozi, per chi non ha la macchina scendere è un problema, soprattutto d'inverno quando non ci si può muovere nemmeno a piedi.
Uno potrebbe domandarsi perché si sceglie di vivere così. Qualcuno è rimasto da prima, qualcuno ha lì la casa della sua famiglia, altri sono nuovi. Ma se salite fino a lì, o vi spingete anche più su fino alla malga Farini, capite perché. Un po' è il paesaggio spettacolare che si vede, già da Roncio, con la montagna del Sasso Rosso tanto vicina come non la si vede da nessun punto di Mezzana. E poi la vista sui boschi intorno, sulla valle più in basso, i colori accesi dei ciliegi e degli altri alberi in autunno, la pace e la tranquillità che si respirano, interrotte solo dal gorgogliare della fontana che accoglie chi arriva in paese.
Dal fondovalle, il paese pare scomparire nella bella stagione. Se da Mezzana si guarda in su, d'estate, si vedono spuntare solo i tetti di alcune case, quasi come funghi che fanno capolino dalla boscaglia, ma nulla più. Pare che il paese si sia nascosto tra le fronde, un paese dove il sole arriva presto e se ne va tardi. Invece l'inverno Roncio si scorge per intero, non ci sono più le foglie degli alberi a proteggerlo dalla vista. Così da lontano si nota l'Albero di Natale sulla piazzetta, le lucine dei balconi, i tetti spolverati dalla neve e i camini che fumano. Pare un po' anch'esso un piccolo presepe.
Ci sono anche altri paesini che hanno lottato e lottano per sopravvivere, nonostante tutto, ovvero le altre due frazioni di Mezzana, Ortisè e Menas. Anche queste meno popolate di un tempo, senza molte comodità, con gente che ha saputo resistere e continuare a vivere, per la maggior parte, sulla terra dei propri avi. Anche se arrivano inverni da far paura e si resta isolati, anche se, magari, ogni tanto qualcuno si domanda se non fosse stato meglio abitare nel fondovalle. Invece sono rimasti e restano lì ed è anche questa la forza della gente di montagna, resistere nei luoghi dove si è nati, dove si è cresciuti, anche se altrove sarebbe tutto più comodo e più facile.
Ortisè e Menas però li vedi sempre, in qualunque stagione. Solo Roncio pare nascondersi d'estate e sbucar fuori ai primi sentori d'autunno, quando cadono le foglie prime, come a fare “cucù!”, come fosse uno scherzo, come a dire a chi guarda: “Sono ancora qui!”.
C'è ancora anche la strada vecchia che da Mezzana portava fin lassù, attraversando il bosco. Anche tagliando in questo modo, per i bambini e la gente che doveva arrivare fino a Mezzana, in tempi in cui le macchine non esistevano, era una camminata non da poco.
Facevano questa strada tutti coloro che, per esigenze diverse, dovevano recarsi a Mezzana.
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