Ciao a tutti. Ecco per voi, gratuito, un estratto dal mio libro Agata.Come un funerale ti salva la vita, precisamente come inizia il libro. Si tratta di un libro umoristico, come si può intendere già dalle prime pagine qui sotto. Copie subito disponibili richiedendomele o su Ibs. Buona lettura! Lara
Le prime volte non era stato
facile. Perdio, non era stato facile per niente. Eppure con il tempo
e l'abitudine, pian piano ci aveva fatto, incredibilmente, la mano.
Adesso partecipava a tutti i funerali, ovviamente anche a quelli
della gente che poco conosceva. Le prime volte cercava sempre di
sapere qualcosa, della gente che conosceva pochino, non perché le
importasse naturalmente, solo per avere qualche aneddoto per attaccar
bottone, ma poi un po' alla volta quelli erano venuti da sé, senza
bisogno di sapere niente. Così Agata, una donna che aveva superato
da qualche tempo i settanta, ma ne dimostrava molti meno, (l'età
vera non la sapeva nessuno) vedova da alcuni decenni, attiva se non
fosse stato che ormai non faceva quasi più niente, che per anni non
era più uscita dalla porta di casa, aveva trovato il modo per
socializzare nuovamente con la gente: partecipare ai funerali.
Era capitato all'improvviso, quel
suo isolarsi da tutti, dopo la morte del marito, seguita a pochi mesi
da quella del figlio. Lui era morto per un ictus, il figlio in un
incidente d'auto. D'improvviso Agata non aveva più né la voglia né
la forza per alzarsi e fare la spesa, pagare le bollette, andare a
prendere il giornale, insomma tutte quelle piccole cose che si fanno
normalmente dopo colazione. Aveva lavorato come impiegata in un
ufficio da quando aveva vent'anni e con la pensione era arrivato
anche il sospetto, poi avvalorato con il tempo, che stare a casa a
far nulla non le piacesse.
Per questo si era data a vari
hobby, oltre al giardinaggio: frequentava corsi di ceramica, cucina,
bricolage, lingue, perline, scultura del legno, del rame,
dell'acciaio, si può dire che avesse frequentato tutti i corsi
organizzati nella sua zona per anni prima della morte del marito.
Poi, quando si trovò di colpo
sola, fu come se un interruttore avesse spento la sua smania di fare,
brigare, pianificare, come se non le importasse più uscire per fare
i suoi corsi dove poteva parlare con la gente, raccontare i fatti
suoi, sapere quelli degli altri. Voleva solo starsene in pace,
rinchiusa fra quattro mura, e che non si azzardassero a disturbarla.
Tutti quelli del vicinato si
accorsero dei suoi mutamenti. Per prima cosa Agata installò delle
tende oscuranti, aggeggio che non aveva mai avuto alle finestre,
sempre ornate da eleganti tendine di pizzo, poi smise di rispondere
al telefono e infine di aprire a chi bussava alla sua porta. Dopo
alcuni mesi in quello stato, qualche vicino aveva pensato bene di
mandarle anche un'assistente sociale. Non l'avesse mai fatto!
Agata non la fece entrare nemmeno
in casa, restarono lì, sulla porta, con Agata in tuta, le ciabatte,
i capelli lasciati allo stato brado (spuntavano ciocche da un lato,
l'altro era appiccicato alla testa come un casco) mentre Agata le
sbraitava che voleva solo essere lasciata in pace da tutti.
L'assistente, sconcertata, se ne andò e non fece più ritorno. I
vicini controllavano sempre se in casa c'era qualche movimento,
dietro le pesanti tende, qualcosa notavano, così almeno sapevano che
era viva e non l'avrebbero ritrovata mesi dopo mezza divorata dalle
pantegane. Ma, a parte questo, nessuno provò più ad avvicinarsi a
lei e Agata fece lo stesso. Durante i suoi corsi aveva imparato ad
usare Internet e con il computer di casa faceva tutto senza muoversi:
pagava le bollette, tasse varie, ordinava la spesa, si abbonava a
giornali e riviste, comprava online vestiti e scarpe. Leggeva le
notizie, se aveva qualche problema medico
si faceva mandare anche le
pastiglie dalla Rete, ignorando che la maggior parte delle volte non
si sa che cosa realmente ci sia nelle pillole che reclamizzano.
Doveva essere stato per quello
che un giorno, all'improvviso, dopo aver ordinato e ingoiato un
farmaco contro la tosse, si vide tutta blu nello specchio del bagno,
e anche quella volta che, mentre dormiva, si svegliò abbaiando. Ma
Agata non ci faceva caso, dovevano essere effetti collaterali,
infatti ridiventò bianca e rosa com'era da sempre e non si trasformò
in un canide.
Gli unici esseri umani con cui
scambiava qualche parola, il minimo indispensabile, erano perciò i
corrieri che le portavano a casa ciò che ordinava, Agata pagava e
ringraziava, loro non si trattenevano dicendo che avevano moltissime
consegne da fare. Ad Agata non importava naturalmente un fico se
fosse vero o meno, anzi quella poca loquacità le andava proprio a
pennello. Durante il giorno guardava la tv, acquistava online,
giocava ai giochini di Facebook, si preparava da mangiare tutte cose
surgelate visto che non aveva più voglia di cucinare e, quando ne
aveva voglia, faceva qualche faccenda. Non avendo animali domestici
non c'era bisogno di accudirli, non aveva avuto altri figli e, che
lei sapesse, non aveva parenti in vita. Per fortuna. Questo tran tran
proseguì per anni, mentre fuori la vita continuava, la gente moriva
e nasceva, si alternavano le stagioni, iniziavano nuovi lavori ed
altri ne terminavano. Agata non si accorse di nulla, chiusa nella sua
casa-scatola, a lei bastava e avanzava la vita che faceva. Fino a
quando trovò sotto la porta, un giorno di primavera, insieme a
qualche foglia secca della passata stagione, un volantino che
qualcuno le aveva infilato lì, che pubblicizzava una casa di riposo
poco lontana.
A quanto pareva c'erano tutti i
comfort, camera privata, tv, sala soggiorno, giardino, piscina,
nonché un vasto assortimento di attività ludiche e pasti decenti
cucinati da altri. Pareva il Paradiso dell'Eden. Peccato che la
maggior parte della gente che ci finiva non sapeva più distinguere
il suo dito da un grissino-era capitato varie volte che uno degli
ospiti tentasse di divorarsi la mano- sbavava laghi di saliva,
urlava, si buttava contro i muri quando riusciva a tagliare le
cinghie con cui li avevano immobilizzati, gettava oggetti dalle
finestre o sbraitava parolacce e bestemmie indicibili, che mai
avrebbe pronunciato se fosse stata in sé, senza contare che molti
erano stati letteralmente abbandonati in quella “magnifica
residenza” da figli e nipoti che non si degnavano di andarli mai a
trovare, neanche di domenica.
Agata lì per lì pensò ad uno
scherzo, ma chi poteva avere ancora la voglia di farle uno scherzo? E
se qualcuno, preoccupato da quella sua vita strana, solitaria, avesse
deciso di avvisare ancora i servizi sociali, se l'avessero cacciata
in quel posto con la forza? Già s'immaginava l'ambulanza, lei
stretta come un verme in una camicia di forza, ebete per le
pastiglie di tutti i colori che le uscivano dalla bocca. Decise di
reagire, non poteva permettere che ciò accadesse. Sì, ma come fare,
dopo tutto quel tempo? Come uscire di nuovo, come parlare ancora con
la gente?
Agata era diventata quasi una
leggenda e i bambini passando vicino alla sua casa avevano paura,
neanche fosse una stramaledetta strega o roba del genere. Urgeva
trovare subito una soluzione. Per prima cosa, tolse le tende
oscuranti e le sostituì con quelle, riposte anni prima, di pizzo
bianco, sperando che la cosa si notasse-la notarono tutti- poi decise
cos'avrebbe fatto per rientrare nella comunità: avrebbe partecipato
ai funerali. Lì sì, che si poteva parlare con gli altri. Avrebbero
capito che non era il tipo da buttare in una casa di riposo, che era
a posto di fisico e di mente e anzi l'avrebbero trovata piacevole.
Sì, i funerali sarebbero stati la soluzione. Fu così, per la paura
di finire in un ospizio, che tutto iniziò.
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