Ciao a tutti, ecco per voi un estratto del mio libro "L'Inclinazione. storia di Artemisia e Nives" libro che mescola la nostra realtà con la giornalista Nives ad una realtà fantasy dove protagonista è la pittrice del Seicento Artemisia Gentileschi.
CAPITOLO
1
Nessuno
sa quando arriva il momento. Nessuno lo sente, eppure il momento
arriva per tutti, prima o poi. E, dopo, si vorrebbe poter tornare
indietro, a quando, ignari, si portava avanti la vita di sempre. Non
pensiamo mai che possa essere l’ultima volta. L’ultima volta che
usiamo un giocattolo e senza rendercene conto chiudiamo per sempre la
porta sull’infanzia, l’ultima volta che indossiamo un vestito, e
cambiamo gusti per sempre, l’ultima volta che vediamo un luogo o
salutiamo una persona. Eppure qualcosa dentro di noi ci spinge a
voltarci per vedere ancora una volta quel posto, come ad imprimerlo
nella memoria in ogni dettaglio, come consapevoli intimamente che
tutto può mutare e il caso può portarci lontano, sempre più
lontano, e che quello è in realtà un addio. Così anche Nives Loi
ancora non sapeva che quel giorno sarebbe stato il prima, la linea di
confine con cui avrebbe misurato ogni cosa da allora in poi. Non
sapeva che quel giorno era il suo ultimo d’inconsapevolezza, che
stava dando l’addio ad un mondo razionale, con le sue regole ferree
e indiscutibili, per addentrarsi in un altro universo in cui la
ragione c’entrava ben poco. Camminava verso il centro della città,
verso piazza Fiera a Trento, quando era squillato il telefono
cellulare. C’era voluto un po’ per rintracciarlo nella borsa di
tela che teneva a tracolla, ma alla fine aveva risposto.
“C’è
stato un furto al Museo d’Arte” le disse, senza un saluto e
bruscamente come al solito, il caporedattore “Facci un salto per
capire cos’è accaduto”.
“Certo,
vado subito. Si sa cos’hanno portato via?”
“No,
non si sa. Ti pare che se lo sapessi ti avrei chiamata?” tagliò
corto l’uomo dall’altra parte della cornetta.
Cambiò
direzione e si addentrò a passi veloci per un vicolo lastricato di
ciottoli, una scorciatoia per arrivare al Museo. Si trovò di fronte all’entrata del
Museo, dove in un capannello già si erano raccolti altri
giornalisti. Prese taccuino e penna dalla borsa e si avvicinò.
Attorno a lei tutti attendevano notizie, poiché la Polizia ed i
Carabinieri non lasciavano passare nessuno. Fuori del Museo
sventolava lo striscione color cremisi che annunciava il grande
evento di quel periodo, la mostra “L’arte delle donne” con
opere di pittrici attive tra il Sedicesimo e il Ventesimo secolo.
L’esposizione, aperta da circa un mese, sarebbe stata visitabile
ancora per due ed anche quel giorno il Museo avrebbe dovuto staccare
biglietti, se quel furto non avesse messo a soqquadro tutta
l’organizzazione. Nelle sale, infatti, s’intravedevano poliziotti
e carabinieri indaffarati a cercare di ricostruire quanto accaduto
con i dipendenti del Museo e il misero cartoncino bianco appiccicato
all’ingresso, che informava i visitatori della chiusura temporanea,
risultava superfluo: chiunque si sarebbe accorto subito che qualcosa
di grave era accaduto. Finalmente la direttrice del Museo, una donna
sulla cinquantina in tailleur crema, scarpe a punta con tacco non
troppo alto e capelli ramati tagliati appena sotto le orecchie, con
una smorfia sul viso, come se si accingesse a svolgere un compito che
non le andava a genio, si avvicinò alla folla dei cronisti che
subito le si fecero intorno con mille domande. Nives tacque,
consapevole che la direttrice li avrebbe presto zittiti. Capitava
sempre così, con gente che temeva di vedere infangato il nome di un
ente, di un’associazione o di qualsiasi altra realtà per colpa dei
cronisti.
“Signori,
un attimo, per favore!” disse infatti “Lasciatemi respirare” e
fece un gesto repentino con la mano, come a voler scacciare uno
sciame troppo fastidioso di vespe. “Sapete già, immagino, che c’è
stato un furto questa notte” continuò mentre i giornalisti
scrivevano forsennatamente sui loro taccuini “al momento sembra sia
stato rubato un solo quadro, ma sono ancora in corso accertamenti da
parte della Polizia per capire se altri oggetti siano stati
sottratti”.
“Qual
è il quadro?” chiese uno dei giornalisti.
La
direttrice lo squadrò da capo a piedi con fare gelido, come chi non
è abituato ad essere interrotto, prese poi un respiro e disse:
“Il
gioco dello specchio” di Artemisia Gentileschi”.
“Come
sono entrati? Qual è stata la dinamica? Qual è il valore del
quadro?” chiedevano a raffica i giornalisti, ansiosi di saperne di
più.
Ma
la direttrice scrollò le spalle: “Al momento, è tutto quello che
posso dirvi” tagliò corto e se ne tornò nel Museo senza fornire
ulteriori spiegazioni. Sarebbe stato necessario attendere le forze
dell’ordine, di solito, tra l’altro, poco propense a rispondere
alle domande. Nives, che aveva scritto il nome del quadro e quello
della sua autrice, si rassegnò ad attendere a lungo qualche
ulteriore notizia per scrivere il pezzo. Proprio in quel momento
squillò di nuovo il cellulare che teneva in borsa.
“Allora,
cos’hai scoperto?” sbraitò il caporedattore, impaziente.
“Solo
che il furto è stato questa notte ed il quadro è della pittrice
Artemisia Gentileschi” spiegò la ragazza.
“Va
bene”disse Nives.
Tornò
a guardare davanti all’entrata del Museo, ma ancora non si era
affacciato nessuno.
“Di
questo passo” pensò “non riuscirò mai a scrivere un pezzo
decente oggi pomeriggio”.
Un giovane poliziotto raggiunse il gruppo
dei giornalisti e subito tutti si alzarono per andargli incontro e
sapere a che punto fossero le indagini. Il poliziotto avanzava verso
di loro un po’ impacciato, non doveva essere abituato a trattare
con la stampa e chissà per quale motivo avevano mandato proprio un
novellino a svolgere quel compito, ma contro ogni aspettativa si
dimostrò subito disponibile a rispondere alle domande.
“Qual
è la dinamica dei fatti?” chiese un ragazzo inviato dal
telegiornale, ancor prima che il giovane rappresentante delle forze
dell’ordine potesse aprir bocca.
“Il
ladro probabilmente si è mescolato con gli altri visitatori, ieri,
ed è poi rimasto all’interno del Museo fino a notte inoltrata”
disse il poliziotto “questo l’abbiamo dedotto dal fatto che non
vi sono forzature di nessun genere né all’accesso principale né a
quelli laterali, né alle finestre. Inoltre- proseguì- è riuscito a
non far scattare nessun allarme e nemmeno il custode si è accorto di
nulla. Solo stamattina poco prima dell’apertura del Museo ha notato
che il quadro mancava e ci ha subito avvertiti”.
“Com’è
possibile?” incalzò una giornalista che era giunta tra i primi
davanti al Museo “insomma com’è riuscito a non far scattare
l’allarme?”
“Ci
stiamo lavorando” disse solo il poliziotto “e comunque si tratta
di una donna”.
“Una
donna?” chiesero in molti, sorpresi.
“Sì,
una donna. Il ladro è una ladra” fece il poliziotto, senza ombra
di stupore nella voce. Ma quei giornalisti da che pianeta venivano
per essere sorpresi che una donna potesse rubare? “Anzi, sono
uscito proprio per questo. Vogliono che vi accomodiate dentro, la
telecamera ha filmato qualcosa”.
I
giornalisti non se lo fecero ripetere due volte e sciamarono in massa
verso l’entrata, così anche Nives si trovò all’interno del
Museo, in un piccolo ufficio, in piedi, a fissare un video che
rimandava frammenti sfocati catturati dalla telecamera, senza che
però nessun allarme avvertisse che si stava compiendo un crimine.
“Purtroppo
le immagini non sono per niente nitide, si vede pochissimo” disse
il capo della Polizia, mentre la direttrice osservava i giornalisti
con fare distaccato e quasi di disprezzo.
“Riccardo,
fallo partire” disse il poliziotto a un suo sottoposto, e il video
partì.
L’immagine
restituita era davvero approssimativa e la donna era visibile solo di
spalle. Tuttavia si riconoscevano dei capelli castani scuri, un certo
tipo d’andatura, un modo d’incurvare le spalle dopo un po’ che
camminava. Troppo poco per le forze dell’ordine, ma non per Nives.
Non appena i primi spezzoni erano apparsi sul video, un brivido
l’aveva scossa tutta. Aveva represso a stento un’espressione di
meraviglia che le si stava dipingendo in volto e poi un urlo quando
ne ebbe la certezza. Si era guardata intorno per capire se qualcuno
la stava osservando, ma tutti erano intenti a fissare il video con un
misto di delusione e rabbia per non aver scoperto nulla di
sensazionale da poter raccontare in un articolo. Pareva che quei
frammenti non interessassero molto, ed in effetti a parte il colore
dei capelli e la statura, non c’erano altri indizi utili per le
indagini. Ma lei invece conosceva bene quel modo di camminare, quella
tendenza a incurvare le spalle, perfino quella sfumatura dei capelli
tra il rame scuro e il nero. Conosceva ogni dettaglio, quei dettagli
che invece mancavano a tutti gli altri, perché lì, dentro al video
catturato dalle telecamere di sorveglianza che non erano servite a
nulla, c’era la persona che più le era familiare al mondo. Lei.
Per leggere il libro: richiederlo a me larazavatteri@gmail.com o lo trovate su Internet
Foto blog: Wikipedia
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